Scritti delle Beata Maria Candida dell’Eucaristia
CREATURA NUOVA. Scritti spirituali di noviziato (ed. OCD 2004)
già noto come “Salita: i primi passi”
Questo piccolo libro trae origine da un atto di obbedienza perfetta della novizia Suor Maria Candida dell’Eucaristia, verso la sua Madre Maestra, Madre Immacolata de Renzis, una delle fondatrici del Carmelo di Ragusa.
Maria Barba, divenuta Suor Maria Candida, è entrata nel Carmelo da circa tre anni: le consorelle si accorgono immediatamente che hanno di fronte un’anima totalitaria con Dio, osservatissima della Regola, Costituzioni e Costumi, e per di più favorita da Dio di grandi grazie mistiche.
Chi poteva rivelare tutto questo mondo interiore e meraviglioso se non la stessa protagonista?
Madre Immacolata intuisce quali sono i tesori nascosti nel cuore di questa giovane Suora, arrivata ultima in ordine di tempo ma privilegiata da Dio con grazie straordinarie: l’umile Suor Candida, benché di natura restia a manifestare grazie interiori, si sottomette incondizionatamente. Ed ecco qua il piccolo gioiello che scaturisce da un atto di obbedienza.
La mia felicità sovrabbondante d’essere in Religione, d’essere carmelitana, sposa, dopo una vita di desideri e di ostacoli, vicina all’Eucaristia mia, mia per ogni giorno, circondata da madri affettuose, novizia spensierata come bimba in culla…
Tutta questa mia felicità senza croce, no, non mi avrebbe appagato, né avrebbe abbellito la mia anima! Qualche giorno trascorso senza sofferenza, ho pensato:
ma che faccio? Ma io non soffro niente! E mi è sembrata quasi inutile la mia giornata.
È nella sofferenza e nell’unione che Gesù mi ha abbellita! Sempre, fra il patire e il patire, mi tocca qualche piccola sosta, nella quale mi è facile percepire l’operato di Gesù nella mia anima. Non è da adesso, ma da molti anni che percepisco in me, sensibilmente, le divine operazioni.
Stavo a casa e pensavo che di più non potevo ricevere, e veramente grazie grandi ricevevo, ma riconosco che erano lontane dalle finissime accordatemi ora! Nella solitudine ho ricevuto le grazie più belle.
La solitudine m’attira tanto: spero di trovarvi Gesù. E proprio giorni fa gli dicevo in cella: “anche in cielo – proprio così Gesù -, anche in cielo, io vorrei la solitudine! Io e Tu o Gesù!”.
Era una di quelle rare volte in cui la sua presenza mi era sensibile, e io sentivo tutta la passione di quel Cuore per me, sentivo d’amarlo tanto!
E, per la seconda volta, io avevo sentito se non sbaglio il sussurro delle sue labbra, o come un soffio arrivare alla mia anima: “Come sei bella!”…
E ritornai in coro per compieta.
Ma nell’andarvi, e là giunta, non so esprimere cosa avvenne in me.
Mai avevo provato cosa simile: Gesù volle forse accelerarmi il dono che per bocca del suo ministro mi aveva promesso? Io provai in me una vera trasformazione, che mi avvolse in Sé, che mi fece arrestare per la sua soavità e purezza!
Era il bacio dello Sposo? Tutto si svolse gradatamente in me, ma io, non ero più io!
Quale candore era disceso in me, quale! Bisognerebbe saperlo descrivere! Io ero come una bambinuccia inzuppata nel candore divino, fin nelle mie membra io mi sentivo impregnata, o meglio colma e trasformata in purezza, in innocenza e candore: non è Gesù ricchissimo e pazzo d’amore?
Questo stato beato non fu transitorio, ma lo godetti…, stupita di ciò che possedevo.
La notte, destatami per tornare a Gesù e levatami amorosamente, sentii che quel giorno era grande. Il mio spirito si sollevò facilmente alla Divinità, in una regione pura e celeste, e sentii che grandi grazie in quel giorno sarebbero discese sulla terra, per i miei fratelli peccatori in particolare, a mio onore… in onore delle mie nozze celesti con l’Unigenito del Padre.
Nel seno della Divinità, in questo mare infinito di luce, d’amore, di misericordia mi pose Gesù! Appena giunta ai suoi piedi, e unitami a Lui in un abbraccio pieno di silenzio e di amore traboccante, mi parve di naufragare. Mi sentii troppo debole, troppo piccina per sopportare tanto abisso di felicità!
O Dio, che ti renderò per avermi dato da gustare una gocciolina di quel mare immenso, che sei Tu? Per avermi dato a intendere un’ impercettibile parte di ciò che mi svelerai e mi donerai per l’eternità? Madre mia, che cosa ci è riservato per tutti i secoli?
Ma che dico? Io neppure arrivai a gustare bene neanche quel principio… quella gocciolina!
Chiusi gli occhi e, impotente a sopportare, gemetti dolcemente a Gesù. «Come verrai a trovarmi per sposarmi a Te?», gli dissi dolcemente e presa dall’amore!
COLLOQUI EUCARISTICI (ed. OCD 2004)
Madre Maria Candida dell’Eucaristia illumina gli occhi della fede e riscalda il cuore dei credenti, con le sue meditazioni sul mistero eucaristico.
Sono meditazioni veramente intense, profonde, sponsali, come si addice alla vita di una carmelitana che ha trovato nella propria vocazione di Sposa di Cristo, la piena realizzazione di un ideale eucaristico come centro della sua esistenza.
Nell’Eucaristia, Madre Candida vede sintetizzate tutte le dimensioni dell’esperienza cristiana: la fede, che nel mistero eucaristico è come purificata e condotta alla sua essenzialità di testimonianza della verità delle promesse di Dio*O mio diletto Sacramentato, io Ti vedo, io Ti credo!… O Santa Fede. Contemplare con doppia Fede il nostro Diletto nel Sacramento: vivere di Lui che viene ogni giorno; la speranza, che trova nell’Eucaristia un fondamento invincibile ma allo stesso tempo profondamente aperto e coinvolgente*O mia divina Eucaristia, mia cara speranza, tutto attendo da te… Fin da bambina fu grande la mia speranza nella SS. Eucaristia; la carità, che il dono di sé di Dio nel pane di vita suscita nei cuori di coloro che ne accolgono la verità d’amore*Gesù mio, quanto Ti amo! E’ un amore immenso che racchiudo nel mio cuore per Te, o Amor Sacramentato… Quanto è grande l’amore di un Dio fatto pane per le anime! Di un Dio fatto prigioniero per me… Nell’Eucaristia, Madre Candida, coglie anche il senso profondo dei tre voti religiosi che in una vita intensamente eucaristica trovano, non solo una loro piena espressione, ma un esercizio concreto di vita, una sorta di profonda ascesi e di progressiva conformazione all’unico modello di ogni consacrazione, Gesù Cristo morto e redento per noi. L’Eucaristia è per lei la scuola perenne dei consigli evangelici, delle tre “ gemme ”, come lei li chiamava: “a santa obbedienza, la dolce povertà, l’amatissima castità”.
“Quale inno dovrebbe sciogliersi all’ubbidienza del nostro Dio Sacramentato? E cos’è l’obbedienza di Gesù a Nazareth, paragonata all’obbedienza sua nel Sacramento da venti secoli?… Dopo avermi istruita nell’obbedienza, quanto mi parli, quanto mi istruisci nella Povertà, bianca Ostia! Chi più spoglia, più povera di Te… Non hai nulla, non chiedi nulla!… Divin Gesù, asseta le anime religiose di spogliamento e di povertà sincera! Se mi parli di ubbidienza e di povertà…, quale fascino di purezza Tu eserciti su di me solo se lampeggi ai miei occhi! Signore, se il tuo riposo è nelle anime pure, qual è quell’anima che trattando con Te non diventi tale?…Voglio starmene vicino a Te per purezza e amore” .
Vivi desideri eucaristici
Quand’ero in famiglia, uscendo la sera a passeggio e guardando attraverso le strade la chiesa del mio Gesù e Lui cibo divino conservato per le anime, mi sarei sottratta dal fianco dei miei genitori e, come cagnolino, mi sarei rannicchiata alla porta della chiesa. E là, beatissima, avrei trascorso tutta la notte, attendendo l’ora che mi si aprisse e mi si desse Gesù.
Pensavo con tutta semplicità: “Come potranno dormire le religiose, avendo in casa lo stesso Dio – Gesù, cibo per il domani?”
Oh, stupore. Affacciarsi ad una grata, guardare fra tanto silenzio la piccola custodia e dire: “Gesù è qui”. Non ti sembra di morire?
“A me sembrò che quel Corpo adorabilissimo che il sacerdote posava sulle labbra delle mie sorelle fosse come un preziosissimo sale, che poneva in noi per evitare la corruzione, ogni corruzione, e custodirci intatti, anzi impreziosirci!”
“Venendo a me nell’ Eucaristia mi comunica se stesso e si associa alla mia carne, oso chiamarlo: carne mia… corpo mio, Gesù… lo sento finanche nelle braccia, quando viene a me: si espande per tutto il mio essere… il suo corpo e il mio sono unificati, il suo sangue irrora e colorisce le mie guance …”
Nello stupore Eucaristico
“È bello intrattenersi con Cristo presente sotto le specie eucaristiche e, chinati sul suo petto come il discepolo prediletto, essere toccati dall’amore infinito del suo cuore. Se il cristianesimo deve distinguersi, nel nostro tempo, soprattutto per l’«arte della preghiera», come non sentire un rinnovato bisogno di intrattenersi a lungo, in spirituale conversazione, in adorazione silenziosa, in atteggiamento di amore, davanti a Cristo presente nel Santissimo Sacramento?“
IL CANTO SULLA MONTAGNA. Scritti spirituali della maturità (ed. OCD 2014)
Suor Maria esprime il ricordo della propria conversione, notando come il cuore mantenga lo stesso slancio, la stessa freschezza di allora. Del proprio cuore, la Madre è stata da sempre gelosa e l’ha custodito con purezza solo per Gesù. È dal centro del cuore, dove abita il Maestro, che suor Maria trova una santa energia per agire in piena dipendenza dal suo Signore. La risposta più spontanea del cuore della Madre carmelitana è la gratitudine: « Niente per me è piccolo, tutto per me è immenso, perché donatomi dall’amore immenso del mio Gesù […] tutto mi dà a vedere un’onda di grazia e i fini amorosi del mio Dio». Uno dei motivi per cui sovrabbonda la gratitudine di suor Maria è proprio la vita religiosa: «E che cosa ho trovato?[…] il tutto, il mio Dio […] la mia anima vive qui». In questa nuova avventura , la regola del Carmelo è la sua nave sicura, la fonte alla quale trova l’austerità da sempre ricercata. Per Madre Candida, «l’incontro con la vita consacrata è stato anche e soprattutto l’ingresso in quel grande giardino del Carmelo che Dio stesso ha preparato fin dall’esperienza spirituale del profeta Elia e che non ha cessato, da allora, di costituire un luogo di salvezza e di fioritura della vita umana con Dio e in Dio».
[… ] Nel manoscritto si racconta ancora dell’ufficio di priora e la Madre del Carmelo ragusano è certa di fare le veci di Gesù presso le consorelle. Ricopiando Gesù nella sua grande dolcezza, ella sa di mettersi tutta a disposizione dell’amore, affinchè Egli compia tutto.
Nell’opera di Madre Maria Candida
«sembra prendere coscienza che tutte le sue esperienze, sia quelle luminose frutto dei doni di Dio, sia quelle dolorose legate all’opposizione della sua famiglia e alla sua stessa natura non sempre docile alla chiamata di Dio, sono state tutte indirizzate a prepararla a questo compito così delicato, a fare di lei una vera rappresentazione di Gesù alle sue figlie, e non per una prestazione volontaristica, ma per l’abbandono con il quale ha imparato a non fidarsi più di se stessa, ma di dio in lei ».
Si trova in questo scritto il racconto dei tre voti, di quello del più perfetto di vittima e di quello di mortificazione, compiuti da suor Maria con questo spirito: «per Gesù: con questo motto e con il miele soavissimo e inesprimibile che sgorga da tale Nome , io sentivo di potere soffrire tutto e di potere essere fatta a pezzi». Ricorda inoltre tutte le lotte e le sofferenze per entrare al Carmelo e l’amore per la nuova famiglia di consorelle.
NELLA STANZA DEL MIO CUORE. Scritti autobiografici (ed. OCD 2004)
Raccolti nell’arco di trent’anni, questi scritti autobiografici ci danno una visione completa dell’esperienza spirituale di questa contemplativa.
Gli occhi di Maria Candida dell’Eucaristia sono stati resi capaci di penetrare sotto i veli eucaristici per scoprirvi il segreto della presenza sacramentale di Cristo.
Per lei l’Eucaristia è una Persona: Cristo presente e operante sotto le specie del Sacramento, attraverso il quale vede realizzarsi la più intima e reale unione, la fusione del suo essere in Lui.
Quando ne sentivo maggiore il bisogno, correvo da S. Giuseppe. Sapendolo maestro delle anime che desiderano vivere una vita interiore, lo pregavo di volere essere lui il direttore dell’anima mia. Una volta perfino gli scrissi teneramente per affidarmi a lui. Dubbi, tentazioni, scrupoli, che nemmeno capivo e che mi tenevano legata, tutto portavo a questo Santo. E lui, da padre amoroso, mi aiutò sempre a soffrire quell’onda purificatrice di grazia, a correggermi. Dovette faticare molto ad istruirmi.
Altre volte andavo da Maria, Maestra delle anime. Mi stringevo alle sue ginocchia forte forte, come una bambina piccina e la supplicavo di volermi accettare per sua scolara, di volermi essere maestra nella via dei cielo: mi istruisse lei, perché io non sapevo. Mi nascondevo sotto il suo manto, tutto affidavo alle sue mani e al suo cuore. Quanto mi ha aiutato Maria, la Mamma mia, lo saprò soltanto in cielo, ma già fin d’ora lo riconosco e gliene sono grata.
Quando contemplo Gesù, piegato e grondante sangue, fra le braccia di Maria, lo supplico di consolare la mia sete, dandomi da bere il Suo Sangue preziosissimo. L’ ho sempre amato tanto, insieme al sudore dell’orto, e mi sono spesso lavata e refrigerata in esso. Vi ho immerso i miei peccati, me stessa, tutti i bisogni e desideri miei e del prossimo, di tutte le anime.
Una notte, quando meno vi pensavo, Gesù mi tenne amorosamente desta, facendomi sperimentare quanto sono amata da Lui. Per un’ora intera, mi lasciò bere e dissetarmi spiritualmente al suo Cuore, alle sue mani piagate. Anche se ciò avviene in un modo spirituale, il Suo Sangue appaga realmente la mia anima, la bagna e la purifica, ne sono certa.
Due volte, nella S. Comunione, Gesù volle farmi provare il gusto del Suo Sangue, forse per l’ardente desiderio che gli ho espresso tante volte con vero e amoroso patire. Sono piccole consolazioni che Gesù può concedere quando gli piace, ma sempre grandi, troppo grandi, per la mia enorme indegnità e miseria.
Quando avevo 17 anni, mi fu concesso di seguire un corso di esercizi spirituali presso l’Istituto di cui avevo frequentato le scuole. Gesù, in quei giorni, mi attirò fortemente a Sé, facendomi sentire la vanità di tutte le cose. Per questo, quando il Sacerdote mi chiese se Gesù aveva parlato al mio cuore, potei rispondergli subito di sì.
Quella confessione fu la porta della mia nuova vita spirituale. Quel Padre mi parlò della verginità, mi animò ad andare sempre avanti, senza fermarmi mai, e mi insegnò a fare il voto di verginità per tre mesi; dopo avrei potuto rinnovare di volta in volta la mia offerta a Gesù. Raccolta nel mio ringraziamento, dopo la Comunione, pregai: « 0 Gesù, ti scelgo per unico amante dell’anima mia, e ti consacro la mia verginità per tre mesi ».
Ma non per tre mesi, io volevo essere di Gesù: per sempre, per sempre! Fu quello un giorno di paradiso, di festa tanto bella per la mia anima.
“Nel 1901, quando avevo ancora 17 anni, trovandoci ih villeggiatura a contatto con la famiglia del giardiniere, fui presa da una dolce predilezione per la povertà. Mi pareva che, senza troppo pensarci, sarei passata volentieri dalla mia discreta posizione familiare in una casuccia povera, in una famiglia dove si vive giorno per giorno affidati alle mani della divina Provvidenza. Mi pareva tanto bello essere poveri e vivere di fiducia e di abbandono. Ritenevo i poveri le persone più felici perché possono riposare nelle mani, sul seno del Padre che è Provvidenza. Ma l’amore vero alla povertà lo imparai da Gesù Sacramentato. Guardando Lui che sta nella piccola ostia e si dona in così umili apparenze, anch’io mi sforzai di imitarlo, per quanto mi era possibile. Non volli perciò usare cose appariscenti, come tappeti o cose del genere, e cercai di indossare i vestiti più semplici e meno costosi, per apparire più semplicemente e umilmente. Così viene mortificato anche quel sottile sentire di me, così facile ad insinuarsi anche in queste cose esterne. A volte, sebbene provvista di molti vestiti, ho lasciato passare la stagione senza usare quelli che mi stavano meglio e, anzi, ho fatto il sacrificio di quelli che più mi piacevano per donarli, emulando la generosità e la carità dei miei familiari. Poi, magari, mi è accaduto di sentirne la mancanza, ma ho potuto provare così, realmente, che cosa è la povertà. Né ho voluto chiedere quello che mi mancava; aspetto che ci pensino gli altri, o meglio: Tu, Signore. Nelle tue mani io mi abbandono come una bimba, felice di ciò che mi manca. Come figlia di S. Francesco (terziaria), ho aggiunto piccole pratiche, in suo onore. Perciò mi sono distaccata anche dal mio denaro, dandolo in famiglia quando occorreva, o ai poverelli. Gesù mi ha fatto sentire tutta la dolcezza di queste opere di carità, ogni qualvolta le ho compiute. Anche in un giorno di tristezza o di aridità, quando ho sentito di essere un nulla, buona a niente perché priva dell’Eucaristia, mi è bastato che Gesù mi porgesse l’occasione di fare una piccola elemosina, a sollievo di una povera donna o di un fanciullo, per sentirmi subito contenta. Mi è sembrato, allora, di aver santificato la mia giornata. Per me, è una gioia poter donare i piccoli fiori delle mie mortificazioni: dolci, pezzi di cose buone che ho lasciato di mangiare per amore di Gesù. Non potendoli far vedere in casa, spesso li ho dati ad un bambino povero che viene a prendere la spazzatura, intendendo offrirli al Bambino Gesù, perché mi faccia piccola come Lui”.
PERFEZIONE CARMELITANA (pubbl. 1949)
Il manoscritto ha più un carattere esortativo verso le consorelle. Anzi in esso Madre Candida sembra quasi stilare il profilo di una buona carmelitana, accompagnandola, tappa per tappa, nell’itinerario verso il monte Carmelo. Si ha l’impressione, leggendo lo scritto, come se la Madre, facendo luce con l’esempio della sua esistenza, indicasse alle consorelle la via certa da percorrere. Ebbe a scrivere fra Casimiro dell’Eucaristia: «Madre Maria Candida si può definire: la Regola del Carmelo Teresiano vissuta fino all’apice […] visse come scrisse». Il manoscritto originale è un quaderno che la religiosa scrisse come di getto, senza cancellature e con una calligrafia ben ordinata.
IL CONTENUTO DEL MANOSCRITTO
Dopo alcuni pensieri rivolti all’Eucaristia e alla Madonna, Madre Candida inizia a descrivere ordinatamente le tappe della vita di una carmelitana scalza : dal noviziato, alla professione semplice, alla professione solenne, al rinnovo dei propri voti in particolari ricorrenze. Per tutto il manoscritto, è distribuito, anche con qualche ripetizione, il tema dei suoi tre chiodi. Ogni consorella – ella dice- può trovare la forza per osservarli in Gesù Eucaristia: «Egli dal suo Sacramento d’amore, ti sia maestro ed esemplare; ti sia fiamma che ti faccia ardere; ti sia stimolo e forza per ogni virtù. Non ti scordare di quest’Oasi di pace e di felicità; abita in essa, tutto vi troverai». Il piccolo libretto si conclude con un elenco di alcune cose da osservare ed evitare nello stato religioso.
LUCI SULL’EUCARISTIA
All’inizio del testo, la monaca esprime la consapevolezza di un amore personalissimo di Gesù Eucaristia verso di lei : «Oh! Santissima Comunione, tu sei il fortissimo argomento della fiducia mia! Nel nascere Gesù si fece nostro; nella S. Comunione si rende tutto mio!». Riguardo al rispetto verso l’Eucaristia, Madre Candida lo delinea in termini di modestia e decoro:
«Oh cosa dev’essere per te il Coro, mia amatissima sorella! Anche che vi stai sola e per tua devozione, devi starvi bene: tutta modesta, tutta raccolta, tutta compresa della Reale Presenza! Così ti rimirino gli Angeli del Santo Tabernacolo, così chi ti sorprende ai Piedi di Gesù: mai una positura spensierata, comoda, volgare; che non terresti dinnanzi ad un’eguale […] Ti raccomando Gesù ,sorella mia; per Questo Amore Prigioniero e Cibo dell’anima nostra la tua santa follia cresca!… quando puoi, non lasciarLo solo; e quando non puoi, ricordaLo assai da lungi, di’e notte. Sii apostola di Gesù Sacramentato e Sua riparatrice».
È insistente il suo invito alle consorelle ad essere industriose per passare anche un solo minuto, durante le loro giornate, ad adorare Gesù, fosse anche soltanto con una genuflessione fatta con grande fede e amore. La felicità della vita religiosa è vista scaturire da Madre Candida proprio dal santo Tabernacolo.